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Reggio, tortura al carcere “San Pietro”? La Procura continua a indagare

Il Pm Sara Prezzan ha formalmente chiesto l’acquisizione di documentazione del plesso

Obiettivo verità. E soprattutto se la reazione della Polizia penitenziaria all’insegna delle cosiddette maniere forti abbia travalicato i confini della tortura. La Procura continua ad indagare per ricostruire il clima di tensione che si respirava all’interno delle carceri reggine nei giorni precedenti l’aggressione e il pestaggio del detenuto napoletano Alessio Peluso. Una storiaccia che risale al 22 gennaio 2022 e per la quale sono state emesse inizialmente misure cautelari e interdittive e che adesso vede davanti al Giudice dell'udienza preliminare 14 persone: nello specifico l’ex comandante della Polizia penitenziaria dell'istituto “Panzera”, 11 agenti in servizio al plesso “San Pietro”, un medico e un infermiere.
I fatti oggetto del procedimento si riferiscono alla stessa giornata della visita al carcere “Panzera” dell'allora ministro della Giustizia Marta Cartabria. In quella data, il detenuto Alessio Peluso si sarebbe rifiutato di rientrare in cella dopo aver beneficiato del cosiddetto “passeggio esterno”. Secondo le indagini, coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal pm Sara Perazzan e condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, la reazione degli agenti sarebbe stata molto violenta. Per gli inquirenti fu tortura, reato formalmente contestato dal Pubblico ministero, fermamente respinto dall'intero collegio difensivo ed oggi all'esame del Gup.
Il 31enne napoletano sarebbe stato colpito con i manganelli in dotazione agli agenti, ma anche con dei pugni. Gli agenti coinvolti, inoltre, lo avrebbero fatto spogliare lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella dove era stato condotto. Vicenda gravissima immortalata anche dalle immagini della sorveglianza interna dell'istituto penitenziario.

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