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Reggio, l’indagine sulla tortura in carcere e la denuncia dei familiari

In Tribunale avviato il dibattimento con la testimonianza di un funzionario della Questura. La mamma di Alessio Peluso informata dalla moglie di un detenuto: «Aggredito da 30 agenti penitenziari e picchiato con i manganelli»

Sarà il dibattimento appena avviato davanti al Tribunale collegiale a ricostruire la giornata di inferno vissuto all'interno delle carceri “San Pietro” il 22 gennaio 2022 quando un detenuto napoletano, Alessio Peluso, è stato vittima di un pestaggio da parte dell'allora comandante della Polizia penitenziaria e di un gruppo di agenti che adesso sono sul banco degli imputati. La prima testimonianza, lunga quanto delicata (destinata a proseguire per almeno altre due udienze), è stata resa dal vice questore aggiunto della Polizia di Stato, Paolo Valenti. Il funzionario della Squadra Mobile è tra i principali componenti il pool di investigatori incaricati dalla Procura di fare luce sul presunto caso di tortura in carcere a Reggio.
La vicenda esplose in coincidenza con la denuncia inoltrata dalla mamma di Alessio Peluso che il 23 gennaio 2022 si è presentata alla Stazione Carabinieri di Secondigliano a Napoli dopo aver appreso dalla moglie di un altro detenuto che il giorno prima, quindi il 22 gennaio, il figlio detenuto nella casa circondariale di Reggio Calabria «aveva subito un pestaggio da parte del personale della Polizia penitenziaria di Reggio da circa 30 guardie con caschi indossati e con l'uso di manganelli all'interno della sezione del carcere, come riferito dal marito tramite telefono».
Alessio Peluso e la mamma si erano sentiti telefonicamente proprio quel 22 gennaio che si rivelerà drammatico. La donna ricorda in denuncia che alle 13.30 del 22 gennaio aveva fatto una video chiamata whatsapp con il figlio «che aveva detto di stare bene, ma che da allora non aveva avuto più notizie del figlio».

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