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'Ndrangheta a Reggio, operazione Gallicò: "A Ciccio è arrivata una legnata senza aspettarsela"

L’omicidio di Francesco Catalano: intercettazioni degli indagati e dichiarazioni di pentiti svelano il perché della sua morte. Cosche in fibrillazione per il potere a Gallico: così è scoppiata la faida

I vuoti di potere non possono esistere all’interno della malavita. E quando c’è necessità di riempire quei vuoti quasi sempre si passa attraverso le pistolettate e il sangue. È questa la dinamica che avrebbe portato, negli scorsi anni, all’uccisione di Pasquale Chindemi e poi a quella di Francesco Catalano. Ne sono convinti gli uomini della polizia giudiziaria di Reggio Calabria e della procura antimafia che, giovedì, hanno fatto scattare l’operazione denominata “Gallicò”, ricostruendo le fibrillazioni tra le cosche per la supremazia nel quartiere nord della città e mettendo in galera i presunti killer di Francesco Catalano, vale a dire Domenico Mariano Corso e Costel Zlatan.

Negli anni precedenti si assiste a scontri più o meno latenti, intimidazioni ad aziende e a uomini vicini ai clan, fino al sangue che avrebbe segnato la fine delle ostilità e la presa del potere di una delle due parti. «Per comprendere fino in fondo le ragioni che hanno determinato la morte di Francesco Catalano detto “u bombularo - scrivono i magistrati nell’ordinanza - occorre ripercorrere la caratura criminale dell’uomo, il contesto in cui egli operava e le vicende che negli ultimi anni hanno interessato il territorio di Gallico». Condannato per associazione mafiosa nel processo “Olimpia”, Catalano per il pentito Giuseppe Lombardo è uomo di fiducia di Paolo Iannò, capo della locale di Gallico Superiore fino al suo arresto e il pentimento. Catalano svolgeva la sua attività commerciale a Gallico, frazione della città sempre sotto il controllo dei mammasantissima delle famiglie De Stefano e Condello. Due casati di ‘ndrangheta che negli ultimi anni hanno subito la costante pressione dello Stato con arresti pesanti. E proprio qui, secondo gli investigatori, che si apre il vuoto di potere che le giovani leve vogliono riempire «con l’appoggio o meno di chi guida i clan storici». L’inizio delle ostilità, secondo quanto ricostruito dalla magistratura antimafia, risalirebbe al 2010, «quando il boss Mimmo Chirico, tra i candidati alla reggenza di Gallico, è stato ucciso da Giuseppe Canale, criminale in ascesa, anche lui con mire di controllo sul quartiere, ucciso nel 2011. Il delitto è stato ricostruito nel 2018 ed ha visto la condanna per sette imputati tra cui Antonino Crupi, genero del boss Mimmo Chirico e del suo fedelissimo alleato, Domenico Marcianò detto “briscola”». Dopo quegli omicidi, su Gallico sembrava essere tornata la calma, ma era solo apparenza perché nel 2017 nel quartiere nord della città si era ripreso a fare sul serio. Nel giro di pochi mesi tre atti intimidatori avevano riaperto le ostilità, l’ultimo dei quali a Carmelo Natale Cartisano, nipote acquisito del defunto boss Domenico Chirico.

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