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Porto di Gioia Tauro, il bacino di carenaggio rimane... a secco

Atteso da un anno un parere da Roma, mancano 75 milioni di euro per adeguare l’infrastruttura

La diversificazione delle attività nel porto passa anche per un’opera importantissima e che ancora non si è materializzata: stiamo parlando del bacino di carenaggio, strumento che consentirebbe di avviare direttamente in loco gli interventi di riparazione sulle navi facendo di Gioia Tauro un ulteriore punto nevralgico nel traffico marittimo mondiale.
Il bacino potrebbe essere acquistato già dall’Autorità di sistema portuale dello Stretto e dovrebbe essere in questa prima fase mobile, in attesa che poi venga accostato nella banchina attualmente non utilizzata per le attività del terminal. Per arrivare a questo traguardo già cinque anni addietro l’ente ha avviato una complessa procedura che si chiama “Resecazione delle banchine” finita, però, nel limbo dei Ministeri e attualmente non finanziata.
Di fatto l’Authority non ha risposte sia dal punto di vista tecnico che finanziario. Dopo una serie di attività nel 2022 il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha espresso parere sul progetto di fattibilità tecnico-economica dell’intervento “Resecazione banchine di ponente tratti G-H-I” con le dovute prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni e considerazioni che dovranno essere recepite prima dell’avvio della scelta del contraente. Un anno dopo il progetto è stato trasmesso al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica per l’avvio della procedura di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale «ma – scrive l’Authority– ad oggi dopo più di 10 mesi non si è avuto alcun riscontro».

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