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Reggio, il pentito Trunfio: "In carcere tra privilegi e favori: le celle più comode solo ai reggini"

Teste nel processo all’ex direttrice del “San Pietro”. «Non si può stare nella stessa cella con i coimputati e soprattutto con i familiari. Lì c’erano fratelli, sorelle, cugine, c’erano tutti solo di Reggio»

Imperava la legge dei detenuti reggini nelle carceri di via San Pietro e ad Arghillà. Uno scenario delineato dal collaboratore di giustizia Francesco Trunfio, il 44enne dalla lunga militanza nella 'ndrina Piromalli di Gioia Tauro chiamato sul banco dei testimoni dalla Procura nel processo per la presunta gestione allegra degli istituti penitenziari che ha portato sul banco degli imputati l'ex direttrice, Maria Carmela Longo (difesa dall'avvocato Giacomo Iaria che si avvale della collaborazione dell’avvocato Francesco Giorgio Arena), un medico e una detenuta. Per quasi due anni detenuto a Reggio, il collaboratore Trunfio su imput del Pubblico ministero Sabrina Fornaro - «altri esempi di questo che Lei definisce comando, dominio diciamo dei detenuti reggini?» - ha approfondito e argomentato nell'udienza in cui è stato avviato l'esame in Tribunale (verbale del 22 febbraio) ed in attesa del completamento della sua testimonianza attesa per il 2 maggio.

Trunfio insiste: «Ma su tutto, sulle cose… Sull’assegnazione delle celle, sui cubicoli, i cubicoli sarebbero le celle ridotte. Le celle ridotte a due posti, perché le altre erano a 5-6 posti, quindi alcuni personaggi non gli piaceva la cosa di stare con 5-6 persone in una cella, perché non è facile come si possa pensare, quindi avevano queste… le celle piccole. Se io faccio mente locale chi aveva le celle piccole, ce l’avevano i generi di Tegano, Domenico Condello che andava e veniva dal carcere…».
Pm: «Cioè la cella piccola era più ambita perché si divideva con un minor numero di persone, solo un’altra persona?». Trunfio: «Molto ambita, molto ambita ed è molto bella pure a livello di struttura, com’è divisa tra bagno cugina e zona letto. Quindi era molto ambita». Pm: «Quindi i detenuti reggini decidevano chi doveva andare, chi poteva occupare queste celle più comode, diciamo così?». Trunfio: «Assolutamente sì. Le dico solo questo: un genero di Giovanni Tegano arrivò da un altro istituto e in quella cella non ricordo se c’era uno dei Commisso di Siderno, non mi ricordo in questo momento, comunque lui ha fatto un casino, cioè nel senso che… voleva per forza quella cella dove lui aveva già sostato, tipo dov’era, siccome lui lamentava problemi di salute che realmente c’erano, non così gravi però c’erano dei problemi di salute, lui dopo non so quanto tempo, qualche paio d’ore ottenne la cella perché uno dei detenuti che era lì dentro venne trasferito in un’altra cella. Stiamo parlando che se l’avesse fatto chiunque, anche un nome noto come Piromalli, Molè, Pesce, ste cose qui, non sarebbe successo, se non con il consenso di Condello, Libri, De Stefano».

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