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Locri, niente “sconto” al collaboratore di giustizia Antonio Cataldo: la Cassazione nega la continuazione

Esterno del Palazzo di Giustizia, sede della Corte suprema di cassazione, durante la cerimonia per l'apertura dell'anno giudiziario 2021, Roma 29 gennaio 2021. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

«Le ipotesi di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione criminosa, tenuto conto delle circostanze di tempo, di luogo e di persona in cui erano state commesse, rispetto alle quali non assume un rilievo unificante decisivo la condanna riportata da Cataldo, per il reato di cui all'art. 416-bis codice penale, quale appartenente all'omonima famiglia mafiosa di Locri». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal collaboratore di giustizia Antonio Cataldo (classe 1964), avverso l’ordinanza del 23 maggio 2024 con la quale la Corte d’appello di Reggio Calabria, quale giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta avanzata dal 60enne locrese finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione in relazione a condanne irrevocabili, da ultimo quella a 3 anni e 10 mesi nel filone in abbreviato del processo “Mandamento Ionico”.
Per i giudici ermellini l’ordinanza impugnata «ha correttamente valutato le condotte illecite presupposte, escludendo che i vari reati si connotassero per l'unitarietà del programma sottostante, che non deve essere confusa con la sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine, resa evidente, nel caso di specie, dalle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si concretizzavano i comportamenti illeciti di Antonio Cataldo».
I magistrati romani, inoltre, hanno rilevato che tali condotte «peraltro relative a comportamenti criminosi oggettivamente eterogenei, si concretizzavano in un arco temporale particolarmente ampio, che imponeva di ritenere scarsamente probabile che, fin dalla prima condanna, irrogata dal pretore di Alba il 4 dicembre 1988, il ricorrente avesse progettato di compiere una pluralità di illeciti in contesti territoriali diversi».

 

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