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Applausi a Reggio per Enrico Montesano che veste i panni del conte Tacchia

Enrico Montesano

C'è una nobiltà d'animo che Enrico Montesano invita a perseguire vestendo i panni del falegname che vive sentimenti contrapposti: l'amore autentico per la bella popolana Fernanda suggellato, alla fine del primo atto, da quelle due statue bianche di marmo che si trasformano in angeli e la voglia di superare steccati e barriere imposti dalla sua condizione di origine. Ma salire la scala sociale è un passaggio di non poco conto, che finisce anche con accentuare i toni più duri dell'Enrico nazionale e che deve fare i conti il volto decadente dell'aristocrazia romana e con il sopraggiungere della Guerra.

È lo sfondo socio-culturale de “Il Conte Tacchia”, versione in commedia musicale, liberamente tratta dall'omonimo film che racconta la lunga e tormentata storia d'amore tra Fernanda e Checco dal 1910 fino al 1944.

Con il soprannome “Tacchia” - affibbiato a Francesco Puricelli per via della sua professione di falegname e la sua mania di puntellare mobili e oggetti traballanti con una zeppa di legno -, Montesano è regista ed attore della commedia musicale che ha adottato una variante significativa rispetto al film: valorizzare la storia d'amore piuttosto che le ambizioni del popolano romano.

“Grazie Catona teatro, grazie Reggio”: così, il grande attore si congeda dal pubblico reggino e dalla Polis Cultura - per la quale ha avuto grandi parole di apprezzamento - che “ricambia” tutto in piedi continuando a riscaldare le mani con una serie di applausi che proseguono anche a riflettori spenti.

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