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Vendemmia nel Reggino, anche il vino vittima dei cambiamenti climatici

E' stata una annata difficile: prima le piogge e poi il supercaldo hanno causato la perdita del 30% del raccolto

Enzo Vozzo, presidente del Consorzio Terre di Reggio Calabria

Sarà una vendemmia difficile per i viticoltori della provincia di Reggio Calabria. Le abbondanti piogge cadute fino a giugno inoltrato, seguite da settimane di grande caldo, hanno causato la perdita del 30% circa del raccolto del 2023, tanto da portare la Regione Calabria a intervenire per cercare di dare una mano alle aziende agricole. Al di là dei problemi contingenti, però, la produzione di vino nella provincia reggina negli ultimi 20 anni è cresciuta soprattutto in termini di qualità, con un deciso ritorno ai vitigni autoctoni. Qualche passo in avanti è stato compiuto anche verso la collaborazione tra produttori con la creazioni di consorzi che permettono di promuovere aziende e prodotti fuori dalla Calabria. A capo del Consorzio Terre di Reggio Calabria c'è Enzo Vozzo, vignaiolo animato da una grande passione e convinto che solo cooperando la Calabria potrà guadagnare terreno in un settore nel quale siamo arrivati molto in ritardo.

Pioggia, caldo e problemi «La vendemmia 2023 – ha dichiarato Vozzo a Gazzetta del Sud – sarà problematica tanto che già prima dell’arrivo del grande caldo, ai primi di luglio, la Regione Calabria ha predisposto dei controlli tramite l’Arsa in molte aziende che avevano segnalato danni per le piogge di primavera e di giugno inoltrato. Le piogge, infatti, hanno causato l'avvento della peronospera, una malattia delle piante». Il responso dell'Arsa è che in diverse zone della Calabria ci sarebbero danni per oltre il 30% della campagna, con punte fino 50%. «Nella nostra provincia – ha aggiunto Vozzo – i dati non cambiano molto perché è piovuto molto anche qui. I danni maggiori li hanno avuti soprattutto quelle aziende che hanno investito nel biologico e che non possono usare prodotti chimici contro la peronospera». Ai primi di agosto, l’assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo ha convocato i consorzi e le associazioni di categoria per fare il punto deulla situazione. Il governo, con un decreto del 3 agosto, ha promesso degli aiuti che verranno riconosciuti alle aziende che dimostreranno di avere subito danni superiori al 30%.

Un mondo che cresce Il settore vitivinicolo nel Reggino, come detto, muove i primi timidi passi con una nuova consapevolezza dei propri mezzi e dei suoi prodotti. Nel territorio della Città metropolitana sono circa 50 le aziende che producono vino.
«Nel nostro consorzio, Terre di Reggio Calabria – spiega Vozzo – ci sono 30 aziende, mentre fuori sul territorio ce ne sono altre 20 circa. Le terre coltivate dalle aziende del consorzio non arrivano a 100 ettari di vigneti. Parliamo di una produzione di circa 3mila litri a ettaro. Siamo un consorzio ancora di poche aziende e di bassa produzione, ma la viticoltura si sta riprendendo e il livello della qualità del nostro vino, anche di quelle aziende nate negli ultimi 20 anni, è cresciuto molto. Diverse aziende hanno puntato in modo convinto sull'alta qualità. Questo ha permesso un miglioramento dal punto di vista qualitativo ed economico».
Da una parte, quindi, c'è la volontà da parte dei produttori di puntare sulla qualità dei propri vini per cercare di guadagnare spazi in un mercato complicato e nel quale c'è una grandissima competizione; dall'altra, però, le aziende del Reggino si scontrano con le piccole dimensioni di vitigni a disposizione.
«In Calabria – conclude il presidente del Consorzio Terre di Reggio Calabria Enzo Vozzo – siamo un po' dopo l’inizio di un lungo percorso, ma siamo partiti. Nella nostra regione le aziende grandi sono 4-5, mentre la maggior parte sono medie e piccole. Basti pensare che nella provincia di Reggio l’azienda più grande ha massimo 20 ettari, quindi sono tutte piccole realtà imprenditoriali. La Regione per cercare di aumentare le creazione di nuovi impianti, mette a disposizioni delle aziende ogni anno 100 ettari. Ogni azienda può chiedere l'assegnazione di una quota che coltiverà negli anni successivi. Ripeto, siamo partiti da poco, ma dobbiamo essere ottimisti e guardare al futuro convinti di poter crescere».

«Lavorando insieme avremo risultati»

«Siamo un territorio un po' disgregato ma se riusciamo a lavorare insieme e bene i risultati prima o poi arriveranno». La convinzione di Enzo Vozzo, presidente del consorzio Terre di Reggio Calabria, è che solo stando insieme le aziende calabresi e quindi reggine potranno emergere in un settore complicato. Si parte comunque da una base solida, la qualità dei vitigni autoctoni.
«Il consorzio – spiega Vozzo - è nato 3 anni fa per promuovere il territorio e le denominazioni tutelate, cioè i Doc e gli Igt».
Il primo scoglio che i produttori calabresi hanno dovuto superare è uno scetticismo diffuso fuori dalla nostra regione sulla qualità del vino calabrese. «La nostra fama fino a pochi anni era limitata al Cirò – sottolinea Vozzo –. Siamo ancora una piccola realtà a livello nazionale, ma rispetto al passato puntiamo con convinzione sulla qualità e non sul prodotto di massa o da taglio. In provincia promuoviamo i vitigni autoctoni. Il principe è il Gaglioppo, più conosciuto e presente a Cirò, ma anche nel Reggino. Noi abbiamo il Greco nero, il Calabrese nero, il Magliocco, il Nerello mascalese, il Nocera nel basso ionio reggino. Molte cantine hanno investito sugli autoctoni, molti imprenditori sono rientrati e hanno investito in Calabria. Per quanto riguarda il bianco, abbiamo una delle migliori uve d'Italia, il Mantonico, prima presente solo da noi in provincia di Reggio e poi impiantato ovunque. Il Mantonico è stato riscoperto negli ultimi 20 anni, prima veniva vinificato solo come passito, ma adesso anche per fare il bianco secco e lo spumante con metodo classico. Sta dando ottimi risultati. Nel Reggino abbiamo due Doc: il Bivongi e il Greco di bianco per i passiti; e varie Igt suddivise per zone: Locride Palizzi, Pellaro, Arghillà, Costa viola e Scilla». Il ritorno agli autoctoni è avvenuto da tempo. «Le università hanno studiato le caratteristiche delle uve e hanno stabilito che c'è una qualità eccelsa se vinificate in modo corretto. I nostri vini si iniziano a conoscere, c'è fermento e le nostre uve stanno riscontrando gradimento del consumatore».

 

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