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Reggina, la verità di Saladini: "Avevo avuto garanzie dal fondo. Forse il mondo del calcio non fa per me"

L’ex patron: «Avevo avuto garanzie dal fondo, ora tutti uniti per la “partita” del 29 agosto». L’amministratore delegato ha rassegnato le dimissioni annunciando l’intenzione di cedere il 100% delle quote

Felice Saladini torna a parlare di Reggina. In questa fase a Reggio Calabria si cerca un nuovo acquirente per il club dopo la parentesi Ilari e ci si prepara al ricorso al Consiglio di Stato.

Si era impegnato a cedere la società in mani sicure.  Oggi si sta ripartendo da zero.

Sono preoccupato per come stanno andando le cose dopo la cessione, i presupposti erano completamente diversi. Oggi non ho più alcun ruolo. Io ho trattato con il fondo e non ho avuto alcuna parte nella scelta di chi lo rappresenta. Ho ceduto il club a un fondo che mi aveva dato ampie garanzie di impegno e di risorse concrete. Da quel momento il mio ruolo si è concluso. Oggi credo che bisogna rimanere uniti per giocare la partita del 29 agosto. Tutte le forze istituzionali, politiche, imprenditoriali e professionali di Reggio e della Calabria devono spendersi per questo. La Reggina non è solo calcio.

Perché i famosi 750.000 euro, diventati motivo di esclusione dalla Serie B, non sono stati pagati entro il 20 giugno nonostante qualcuno avesse consigliato di farlo?

Vorrei porre due punti cardine di questa storia: il primo punto è che quando c’è la sentenza di un tribunale si dà per fatto certo che questa costituisca il riferimento giuridico di qualsiasi atto successivo. Che ci si debba interrogare se la sentenza valga oppure no è un fatto, diciamo così, originale, e per quanto mi riguarda inaspettato. Il secondo punto è che si parla di milioni di euro come fossero valori astratti. Per quella scadenza abbiamo pagato quasi 5 milioni e mezzo di euro. Non sono soldi virtuali.

Perché  per due mesi non è stato possibile sentire la sua voce? Sa che questo ha alimentato malumori e tensioni?

Ho avviato le trattative per finalizzare la vendita della società. Serviva riservatezza, qualsiasi commento o intervento poteva pregiudicare questa fase che era essenziale per dare un futuro al club. Poi, dal 5 Luglio non avevo più alcun titolo.

Tornasse indietro, rifarebbe la conferenza stampa con cui annunciava in pompa magna l’ottenimento dell’omologa del piano di ristrutturazione che poco piaceva  al calcio?

La rifarei. Perché è stato un passaggio importantissimo per la società e per tutto il calcio professionistico.

Lei ha detto di avere investito 15 milioni. Come mai il debito ristrutturato a fine dicembre  era superiore a quello del 30 giugno 2022?

Tra settembre e novembre subivano azioni giudiziarie di creditori che non conoscevamo, anche di gestioni di anni precedenti, che iniziavano ad intraprendere azioni individuali contro la società, minando la continuità aziendale. Avevamo due strade: farla fallire per la mole debitoria che continuava a salire o ricorrere ad uno strumento di ristrutturazione del debito messo a disposizione dalla legge italiana. E così è stato!

Che rapporto avete avuto con le istituzioni calcistiche in questi mesi? Nessuno vi aveva messo in allarme per la strada intrapresa?

Le interlocuzioni con le istituzioni sportive sono state continue. Ne è testimone il costante ed egregio lavoro del presidente Marcello Cardona, sia con la Federazione sia con la Lega che lo ha voluto anche come vice presidente vicario della sua impresa sociale. Nessuno, né tantomeno io, poteva pensare che seguendo una legge dello Stato si potesse mettere a rischio l’iscrizione.

Prima della cessione non era proprio possibile saldare le pendenze dei  lavoratori al Sant’Agata? Alcuni hanno diverse mensilità arretrate

Fin quando la società era da noi amministrata, tutte le spettanze sono state pagate secondo le loro scadenze. La Reggina è stata poi ceduta dal 5 luglio con un accordo preliminare che si è poi concluso il 20 luglio.

Perchè Saladini da gennaio in avanti si è visto poco o nulla?

Io sono un imprenditore che crede nella managerializzazione delle proprie aziende.Nella Reggina c’erano  professionisti che conoscono molto meglio di me il mondo del calcio. A partire dal consiglio di amministrazione, per passare per tutte le straordinarie risorse di organizzazione e comunicazione, fino al direttore sportivo e al mister con il suo staff.

Non sarebbe stato meglio portare la Reggina fino all’iscrizione prima di vendere?

Era evidente la necessità di trovare un nuovo assetto societario che cambiasse gli interlocutori. Soprattutto per le scelte della giustizia sportiva che è sembrata voler punire le nostre legittime scelte imprenditoriali. Per il bene della Reggina e la sua continuità, mio malgrado, ho dovuto prendere atto di quello che stava accadendo, lasciando il club. Ho vissuto emozioni straordinarie in questo anno e comprendo bene la delusione dei tifosi.

Lei si è pronto ad andare fino alla Corte Europea. A cosa servirebbe dopo un’eventuale esclusione definitiva dal campionato?

A far valere le nostre ragioni e dimostrare che abbiamo operato rispettando la legge. Ecco a cosa servirebbe, a mettere in chiaro che le regole sono state rigorosamente rispettate come dico da mesi, ma spero davvero che non dovremo arrivare fin lì.

C’è qualcosa che non rifarebbe?

A giugno dell’anno scorso nessuno si è fatto avanti per salvare il club che sarebbe fallito dopo qualche ora. Io ho voluto dare il mio contributo in una Regione, la mia, nella quale c’è necessità di fare, anziché stare a lamentarsi o peggio criticare l’operato degli altri. Ho trovato risorse, preparandomi a rinunce personali, per salvare la società. Mi sono, però, reso conto che serve una cultura specifica per fare l’imprenditore in un settore che ha regole e modi di agire particolari.  A malincuore e da appassionato ho capito che, forse, il mondo del calcio non fa per me.

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