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'Ndrangheta, volevano rapire il sindaco di Scilla. Bombardieri: "Verso nuova 'ndrina" I NOMI

Gli indagati dell’operazione «Lampetra» volevano sequestrare il sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone «al fine di ottenere indebite concessioni per lo sfruttamento della spiaggia». È quanto emerge nell’ordinanza di custodia cautelare. In particolare, Carmelo Cimarosa in un’intercettazione, registrata dai carabinieri il 3 aprile 2020, ha affermato: «Gli apri subito lo sportello ah, con i cappucci e lo mettiamo in macchina, cammina! E lo saliamo a Melia. La ho presentato la domanda, se non la fai una botta in testa la prossima volta ed è finito il film! E ci facciamo dare qualcosa in spiaggia».

Le dichiarazioni di Bombardieri

"Dall’inchiesta - ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri - emerge l’interesse della cosca per l'amministrazione comunale. Monitoravano lo svolgimento di attività di edilizia pubblica per poter procedere all’imposizione del pizzo». Secondo il magistrato gli arrestati "controllavano lo spaccio nel territorio di Scilla, Villa e Bagnara Calabra. Carmelo Cimarosa si vantava del numero di acquirenti fidelizzati e di spacciatori che lavoravano per lui». Oltre al controllo dello spaccio, «l'indagato Cimarosa era impegnato - ha aggiunto il procuratore Bombardieri - nella realizzazione di un suo progetto criminale: creare una 'ndrina che si staccasse da quella dei Nasone-Gaietti». Stando alle indagini, Cimarosa aveva una squadra di pusher che spacciavano nel territorio scillese sia la marijuana, che producevano in proprio, sia la cocaina che arrivava da Sinopoli. Il fornitore di riferimento dell’organizzazione, infatti, sarebbe stato Antonio Alvaro. In un’intercettazione, lo stesso Cimarosa si vantava di aver fidelizzato un altissimo numero di clienti ben 400, tra i comuni di Scilla e Bagnara Calabra.

Appalti nel mirino e sguardo al Nord

Voleva espandersi nel Nord Italia, oltre che in Calabria, il gruppo criminale, legato alla cosca Nasone-Gaietti di Scilla, sgominato stamani dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria con l’operazione «Lampetra». Un gruppo agguerrito, dotato anche di armi da guerra, che spesso faceva ricorso alla violenza. Le indagini, basate su intercettazione telefoniche, ambientali e telematiche, secondo gli inquirenti, hanno offerto uno spaccato «di rara chiarezza», in ordine all’attività del sodalizio nel settore del narcotraffico, attraverso una autonoma capacità produttiva di marjuana e consolidati canali approvvigionativi per la cocaina nelle aree urbane di Scilla, Bagnara e Villa San Giovanni, grazie al ruolo svolto da uno degli indagati, Carmelo Cimarosa. Il clan risulta avere disponibilità di armi micidiali, tra le quali un kalashnikov di fabbricazione russa, utilizzato anche per un agguato ai danni di un ignaro cittadino, organizzato al solo fine di dimostrare l’egemonia criminale della cosca sul territorio e la cacciata dalla Calabria di un pusher, reo di aver ritardato il pagamento dello stupefacente.
Ma l’obiettivo della cosca sarebbe anche quello di controllare alcuni settori particolarmente delicati dell’economia scillese, come dimostrerebbe l’interesse per le assegnazioni delle concessioni degli stabilimenti balneari. Le attività criminali sarebbero state controllate dal Angelo Carina, le indagini avrebbero delineato il ruolo apicale nell’organizzazione, anche come riferimento per il nipote Carmelo Cimarosa, affiliato al sodalizio e responsabile dell’approvvigionamento e della distribuzione dei quantitativi di stupefacente destinati allo spaccio al dettaglio, con cui era in costante contatto e permanente simbiosi delinquenziale, e per gli altri appartenenti al sodalizio ed al gruppo responsabile dello spaccio di stupefacente: gli inquirenti lo descrivono come una sorta di mentore criminale al quale, primo fra tutti, Cimarosa ed i più giovani affiliati si rivolgevano per ricevere indicazioni operative ed ottenere l’autorizzazione al compimento delle azioni delittuose più rilevanti.

Ricorso alla violenza e raid punitivi

L’associazione guidata da Cimarosa non mancava di scontrarsi con le altre attive sul territorio, attraverso una rivalità che si traduceva nel desiderio di acquisire fette di mercato sempre più ampie a discapito dei concorrenti. Per imporre le sue regole, il gruppo si avvaleva, oltre che della fama della cosca di appartenenza, di un generalizzato ricorso alla violenza, di cui non mancava di vantarsi con l’interlocutore di turno. Gli indagati dicevano di non avere remore a contrapporsi a chicchessia nell’area di Scilla: anche chi poteva godere della vicinanza con esponenti di altre frange della locale criminalità organizzata, non sarebbe rimasto immune dai suoi raid punitivi. La violenza veniva esercitata nei limiti in cui era consentita dal «galateo» della 'ndrangheta ed in modo da non incorrere nella perdita del «rispetto».

I 19 arrestati

In carcere sono finiti Antonio Alvaro, Italo Flaviano Cacciola, Antonino Cambareri, Cosimo Cannizzaro, Francesco Caracciolo, Angelo Carina, Carmelo Cimarosa, Francesco Cimarosa, Silvio Emanuele Cimarosa, Fatmir Fejzulla, Antonino Galati Giordano, Salvatore Gentilesca, Francesco Laurenti, Santino Porcaro e Vincenzo Siglitano. Sono stati disposti, invece, i domiciliari, per Silvio Carina, Cosimo Cicco, Giuseppe Cicco ed Enzo Violi. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla produzione e al traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi e tentato omicidio.

 

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