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I migranti chiedono di rimanere a Riace, i sindaci di Napoli e Reggio Emilia: "È una deportazione"

Migranti: fonti, gruppo Paesi negozia su centri controllati

Rabbia, tanta, tra i migranti che vivono a Riace, dopo la circolare con cui ieri il Ministero dell’Interno ne ha disposto il trasferimento. Sono preoccupati del loro futuro ma, fino ad adesso, non si sono registrati episodi di tensione. Oggi, un gruppo di giovani che vive da tempo nel centro del reggino ha voluto esprimere tutta la frustrazione direttamente al sindaco, Domenico Lucano, andando a trovarlo nella casa in cui dal 2 ottobre si trova agli arresti domiciliari. "Non vogliamo andare via da Riace. Qui c'è la nostra nuova vita", hanno detto i migranti a Lucano.

Anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris è intervenuto sulla decisione e su Twitter ha espresso tutto il proprio disappunto: "La deportazione dei migranti da Riace è atto violento e disumano. Chi è stato a Riace sa che il sindaco ha reso vivo e gioioso un luogo desertificato da migrazioni di calabresi. Riace non si tocca! Invece di cacciare i mafiosi deportate le vittime dei trafficanti di morte. Vergogna!".

Utilizza i social anche  il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi (Pd): "Chiamatelo come volete ma lo smantellamento del modello #Riace altro non è che una deportazione" e stesso tono utilizza anche il governatore della Toscana Enrico Rossi che in un post su Facebook esprime tutto il disappunto: "Il ministro della paura, Salvini, ha deciso con il decreto sicurezza di svuotare tutti gli Sprar dei Comuni e comincia chiudendo quello di Riace, un’esperienza veramente modello di accoglienza e di integrazione. Non c'è altra spiegazione all’opera del ministro che la volontà di generare automaticamente immigrazione irregolare e gonfiarne le dimensioni per continuare a lucrarne il fruttuoso tornaconto politico e elettorale".

Il governatore della Calabria Mario Oliverio, chiudendo ieri sera i lavori della Festa regionale dell’Unità a Rogliano, ha parlato della decisione del Viminale: "Chiudere lo Sprar a Riace significa non solo negare i diritti umani, ma spingere verso una linea che punta a inasprire il rapporto tra l’Italia con il resto dell’Europa e con il sud del Mediterraneo. A questo clima avvelenato, di campagna elettorale permanente, bisogna reagire con determinazione. Governare un Paese non significa fare propaganda e campagna elettorale da mattina a sera, ma risolvere i problemi, assumere responsabilità e compiere scelte nell’interesse del Paese che si governa. Su questo non possiamo balbettare o essere indecisi".

"Per quanto ci riguarda - ha aggiunto - non solo difenderemo Riace, ma interverremo attivamente a sostegno di tutti quei comuni che praticano lo Sprar e che in Calabria sono la maggioranza".

Non vuol sentire parlare di "deportazione" Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale dello Sprar, il sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati. Al Gr1 Rai ha detto: "Non ci sarà alcuna deportazione da Riace, le persone che sono in accoglienza possono proseguire il progetto di integrazione in un altro progetto Sprar e noi, operativamente, cerchiamo di individuare altri posti che siano adeguati".

 

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