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San Ferdinando, si punta a smantellare la baraccopoli per far posto alle imprese

Baraccopoli di San Ferdinando

Chiudere la baraccopoli di San Ferdinando, teatro nella notte fra venerdì e sabato scorsi dell’ennesimo, tragico rogo, per far posto a insediamenti produttivi. L’obiettivo dello smantellamento è stato più volte indicato dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e ribadito dal prefetto di Reggio Calabria, Michele di Bari. Lo scopo delle autorità è duplice: da una parte rimuovere una situazione di pericolo perenne, dopo la morte di tre persone in diversi incendi in poco più di un anno; dall’altra liberare spazio per le attività d’impresa che la Zona economica speciale (Zes) si spera possa attrarre nell’area retrostante al porto di Gioia Tauro, desertificata negli anni Settanta per fare spazio al quinto centro siderurgico nazionale, mai realizzato. Continua, quindi, il trasferimento dei migranti. La prefettura non ha comunicato un numero ufficiale, ma, a quanto si apprende, da sabato a oggi sono una sessantina le persone che hanno accettato il trasferimento nei Cas di Mileto e Isola Capo Rizzuto.

Nel Comune di San Ferdinando ricade una parte delle strutture del grande porto, in questi giorni al centro di una vertenza sindacale dopo l’annunciato licenziamento di una parte dei lavoratori che hanno risposto con lo sciopero, bloccando ogni attività nella struttura.

La Regione, nei mesi scorsi, ha messo in piedi un piano che prevede incentivi per i privati che intendessero mettere a disposizione posti letto per i braccianti che operano alle dipendenze delle aziende agrumicole del comprensorio, spesso senza contratto e in cambio di pochi euro per ogni ora di lavoro.

«C'è la determinazione - conferma all’AGI il sindaco Pasquale Tripodi - di svuotare questo perimetro anche perchè c'è la necessità di liberare questi spazi per poterli offrire alla Zes (Zona economica speciale, ndr). C'è da un lato un interesse da parte della Regione che ha dato in comodato d’uso questi terreni destinati ad accogliere gli insediamenti Zes, dall’altro c'è il problema spinoso di insediamenti di questo genere che creano problemi». Le due vicende, dunque, s'intrecciano, tanto che per domani è in programma una manifestazione sindacale convocata per denunciare la progressiva emorragia occupazionale nel più grande porto del Mediterraneo, dopo che il gestore dello scalo ha annunciato un esubero di manodopera. I sindacati chiedono l’intervento del governo e si attende l’apertura dell’ennesimo tavolo ministeriale a Roma

Nel frattempo altri 35 migranti che abitavano nella baraccopoli di San Ferdinando hanno lasciato oggi il ghetto per trasferirsi in Cas della regione, a Isola Capo Rizzuto, Maierato e Reggio Calabria. Vanno ad aggiungersi ai 26 già partiti tra sabato e domenica. Molti dei migranti che vivono nell’area sono ancora impegnati nei campi, anche se la stagione della raccolta degli agrumi è ormai alla fine.

C'è anche un’emergenza igienico-sanitaria nella baraccopoli di San Ferdinando. A evidenziarlo è il sindaco Pasquale Tripodi, il quale spiega che i mezzi del comune non possono entrare nel campo per raccogliere il pattume abbandonato senza alcun criterio da quanti vi dimorano. «Noi provvediamo - dice - alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti sia nella tendopoli (realizzata recentemente dalla Regione vicino alla baraccopoli sempre per ospitare i migranti, ndr) sia all’esterno della baraccopoli, al cui interno non si può accedere perchè le baracche sono state costruite in maniera disordinata, tanto da rendere impossibile l’accesso ai mezzi. Poi - aggiunge - non c'è nessuna cura nella raccolta, non vengono utilizzati i sacchetti per depositare i rifiuti che vengono abbandonati sul terreno, incendiati o sotterrati. Abbiamo fatto dei tentativi - continua Tripodi - ma non c'è stato nulla da fare. Nella tendopoli, invece, la raccolta viene fatta e l’igiene assicurata»

Intanto, proseguono le indagini sulla morte di Moussa Ba. Tripodi esprime qualche perplessità sulla dinamica dell’accaduto, «perplessità - dice - diffuse ed espresse più volte perchè ogni volta che si verifica un incendio c'è un morto trovato disteso su un letto. Eppure una persona giovane, nel momento in cui viene assalita dalle fiamme, è chiaro che tenta di scappare. Immagino che questa mia perplessità la possa avere chiunque».

Dunque un possibile incendio doloso? «Sono perplessità espresse in diverse circostanze, ma che tengo per me - risponde - in quanto ci sono in corso le indagini della Polizia che devono fare il loro corso. Una cosa è certa: la morte di Becky Moses (la giovane 26enne nigeriana deceduta sempre nella baraccopoli il 27 gennaio 2017 in un incendio doloso, ndr) per cui c'è una persona indagata per aver commissionato l’omicidio. Questa è cronaca, storia. Gli altri casi - ribadisce - lasciano perplessità per come sono avvenuti».

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