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Incendio nella nuova tendopoli di San Ferdinando, morto un migrante

La tenda dove è morto Sylla Noumo

Ennesima tragedia a San Ferdinando. Nuovo rogo questa notte, stavolta nella nuova tendopoli che ospita centinaia di migranti dopo lo smantellamento della baraccopoli. C'è un morto, gli inquirenti sono ancora al lavoro per risalire alla sua identità. Sul posto polizia, carabinieri, vigili del fuoco e 118.

La vittima si chiamava Sylla Noumo, aveva 32 anni, ed era originario del Senegal. L'uomo era stato trasferito nella nuova struttura a seguito dell'abbattimento della vecchia baraccopoli.

Il cadavere completamente carbonizzato di Sylla Noumo è stato rimosso e la bara è stata posta all'interno di un mezzo funebre e portata all'esterno della struttura da dove sarà condotta in obitorio. Un centinaio circa di migranti, ospitati nella nuova tendopoli si sono raccolti i silenzio ponendo le loro mani sopra al mezzo funebre quasi come per accompagnarne l'addio.

La tendopoli si trova a poche centinaia di metri dalla vecchia baraccopoli - smantellata nelle scorse settimane - nella quale, in un anno, 3 migranti sono morti a causa di incendi divampati nelle strutture fatiscenti di cui era fatta.

L'incendio, secondo una prima ricostruzione, si è sviluppato in un angolo della tenda da sei posti, dove erano posizionati alcuni cavi elettrici. Sul posto sono subito intervenuti i vigili del fuoco che hanno domato le fiamme. Nell'incendio è andata distrutta solo una tenda.

La tendopoli, realizzata alcuni anni fa dalla protezione civile, è attrezzata, con presenza di servizi igienici e presidi sanitari, ed è vigilata.

All'inizio di marzo, la struttura è stata ampliata per consentire il trasferimento di una parte dei migranti che viveva nella baraccopoli - una struttura fatiscente fatta di baracche in lamiera, plastica e cartone - sorta a poche centinaia di metri e che è arrivata ad ospitare, nel periodo invernale della raccolta degli agrumi, anche 3.000 persone.

Baraccopoli che è stata definitivamente abbattuta il 7 marzo scorso. I migranti che sono confluiti nella nuova tendopoli sono stati complessivamente 840.

La vecchia baraccopoli di San Ferdinando, che si trovava a poche centinaia di metri dalla tendopoli gestita dal Comune, è stata definitivamente abbattuta dopo che, in un anno, si erano registrate tre vittime a causa di incendi.

Era stato il ministro dell'Interno Matteo Salvini, dopo l'ultimo rogo del 16 febbraio scorso, ad annunciare che la vecchia struttura sarebbe stata abbattuta. Nell'occasione aveva perso la vita un 29enne senegalese, Moussa Ba.

In precedenza, il 27 gennaio 2018, era morta Becky Moses, 26enne nigeriana, mentre il 2 dicembre 2018 Surawa Jaith era morto pochi giorni prima del suo diciottesimo compleanno. Le operazioni di sgombero e poi di demolizione delle vecchie baracche sono cominciate il 6 marzo e si sono concluse il giorno successivo senza alcun problema dal punto di vista dell'ordine pubblico.

Nelle scorse settimane, il Viminale ha stanziato 350mila euro per il Comune di San Ferdinando per la gestione della fase post-sgombero e per ripristinare il decoro urbano e garantire "idonee condizioni di vivibilità sul territorio". Dopo lo sgombero, una parte dei migranti che viveva nella baraccopoli è stata trasferita nella vicina tendopoli che è stata ampliata.

«La nuova tragedia di San Ferdinando dimostra che occorre mettere mano in maniera seria e strutturale ad un problema che si trascina da troppi anni». Lo dichiara in una nota il presidente della Regione Calabria Mario Oliverio.

«Non servono pannicelli caldi o soluzioni rabberciate che non affrontano alla radice il problema. Il governo deve assumersi la responsabilità di dire cosa si vuole fare in maniera seria e definitiva per togliere migliaia di persone da situazioni di assoluta precarietà e inciviltà. Lo stiamo dicendo da tempo: non servono operazioni di mera estetica propagandistica. Avremmo preferito avere torto. Purtroppo, come era facilmente prevedibile, si è riprodotta la situazione di degrado e di disagio sociale esistente fino a qualche giorno fa solo a qualche metro di distanza. Non basta 'abbellire' il ghetto ma è necessario evitarlo attraverso interventi di inserimento ed integrazione nella comunità. La Regione ha avanzato proposte concrete in questa direzione. Serve un intervento attivo, responsabile e convinto da parte dello Stato».

«In tal senso sono necessarie iniziative che consentano di recuperare a civili abitazioni il patrimonio dei beni confiscati, di offrire necessarie garanzie e sostegno per rendere accessibili le locazioni dei privati che vogliano liberamente mettere a disposizione le abitazioni non utilizzate, di incentivare le aziende che utilizzano la manodopera degli immigrati, realizzare moduli abitativi idonei all’interno delle aziende agricole - continua Oliverio - La Regione ha definito in tal senso un programma ed ha destinato risorse importanti per la sua realizzazione. Serve che lo Stato eserciti la sua funzione in modo attivo e positivo per costruire con costanza e perseveranza soluzioni civili e adeguate superando definitivamente la logica dei ghetti che producono, come si è verificato purtroppo anche sotto diverso nome, morte e violenza in una condizione di vita disumana».

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