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Inchiesta ‘Propaggine 2’, le ’ndrine a Roma: “C’è pastina per tutti”

Così si spartivano gli affari i clan legati alla casa madre di Sinopoli e Cosoleto. Nelle intercettazioni la ricostruzione del sistema criminale “esportato” sull’asse Alvaro-Carzo

La locale di ’ndrangheta di Roma, sia la costola “alvariana” che quella dei Carzo, infiltrava il tessuto economico della Capitale anche grazie ad intermediari, uomini vicini alle storiche famiglie di Sinopoli e Cosoleto ormai radicati nel territorio, pronti a fare da prestanome ma consapevoli di doversi muovere in accordo con altre organizzazioni criminali del posto. È quanto emerge dalle carte dell’operazione “Propaggine 2”, coordinata dalla Dda romana.
«Questi della Magliana sono amici nostri, tutti questi dei Castelli sono… questi dentro Roma, tutto l’Eur che sta tutto con noi… mano mozza… li conosciamo tutti… a Torvajanica… al Circeo…»: a parlare è il sodale Giuseppe Penna rivolgendosi al suo referente mafioso calabrese Domenico Alvaro cl. 76, alias “Micu u merru” (già condannato definitivo per 416 bis), conscio che, pur avendo ricevuto offerte per acquistare alcune aziende nel settore del bar-ristorazione al centro di Roma, non poteva farlo senza avere le dovute autorizzazioni e coperture criminali, che solo un boss come Vincenzo Alvaro poteva garantire. Per gli inquirenti, Penna, evidentemente consapevole della forza criminale di Alvaro, si metteva a disposizione, tramite i suoi cognati Giovanni e Antonio Palamara, offrendo di procurare loro contatti per acquisire nuove attività commerciali ma anche forniture. Sarebbe il caso della “Prontomar”, operante nel settore ittico, di fatto riconducibile a Vincenzo Alvaro, nella quale avrebbero fatto ingresso come soci occulti anche Marco Pomponio (fin dalla sua costituzione) e poi lo stesso Penna che assicurava con i suoi prestanome anche la posizione di titolari di fatto degli altri due. Significativa in tal senso una telefonata del 29 gennaio scorso tra Pomponio e Gregorio Carello, titolare dell’“Alta marea”, società ittica calabrese, in quanto si desumerebbe che non solo Carello riforniva la “Prontomar” di gamberi, ma di fatto riconosceva a tale società una sorta di diritto di prelazione in ragione del “rispetto” dovuto nei confronti di Vincenzo Alvaro, a seguito di una non meglio precisata “presentazione”.

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