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"Smart delivery", le consegne di droga dalla Piana di Gioia Tauro fino a Sicilia e Campania: 11 arresti I NOMI

I cripto dialoghi, la coca killer, un arsenale dentro al secchio e la droga nel radiatore, la "professionalità" dei pusher e gli stratagemmi per evitare i controlli sono alcuni dei dettagli emersi dall'indagine nata da una lite in famiglia. Durante il periodo di pandemia le sostanze stupefacenti venivano consegnate anche a domicilio

Nella notte, nelle province di Reggio Calabria, Benevento, Vibo Valentia e Siracusa, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro - supportati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria - hanno dato esecuzione a 11 misure cautelari emesse dal GIP del Tribunale di Palmi (9 in carcere e 2 ai domiciliari), su richiesta della locale Procura della Repubblica retta da Emanuele Crescenti, nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, tra l’altro e a vario titolo, dei reati di «Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope».

I NOMI

In carcere:
CAMINITI Rosario, di Domenico e di Palaia Marisa, nato a Cinquefrondi il 14.10.1981, residente a Rosarno;
COSOLETO Francesco, nato a Gioia Tauro il 22.02.1978, ivi residente;
FACCIOLO Andrea, di Giuseppe e di Scarmato Marina, nato a Cinquefrondi il 22.01.2001, residente a Rosarno;
LAGANA' Domenico, nato a Scilla il 11.03.1995, domiciliato a Gioia Tauro;
MARTORANO Fortunato, di Natale e di Scannato Maria Rosa, nato a Scilla il 25.03.1999, residente a Rosarno;
MARTORANO Mario, nato a Scilla il 25.03.1997, residente a Rosarno;
PALADINO Antonio, nato Cinquefrondi il 16.07.1982, residente a Rosarno;
PRONESTÌ Michele, nato a Gioia Tauro il 13.06.1975, residente a Polistena;
SCARMATO Domenico, di Fortunato e di Pantano Domenica, nato a Taurianova il 29.12.1968, residente a Rosarno;

Ai domiciliari:
LAROSA Antonio, nato a Taurianova il 15.04.1978 ed ivi residente;
LA VERSA Alessandro, nato a Cinquefrondi il 29.04.1981, residente a Rizziconi.

L'operazione

L’operazione è il frutto di una articolata attività investigativa, svolta tra il mese di agosto 2020 e giugno 2022 e condotta dalla Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, finalizzata all’individuazione di un gruppo di soggetti originari di alcuni Comuni della Piana i quali, utilizzando un sistema rodato e ben collaudato, si occupavano di gestire, in varie località, lo spaccio di sostanze stupefacenti, principalmente cocaina, marijuana e crack.

Un'indagine partita da una lite in famiglia

L’indagine prende spunto da alcune informazioni raccolte da una pattuglia dell’Arma, nel corso di un intervento per lite in famiglia: nella circostanza, i militari della Sezione Radiomobile della Compagnia di Gioia Tauro, si accorsero che la lite nasceva da un debito legato al traffico di stupefacenti. Da quel momento, i Carabinieri hanno approfondito alcune dinamiche e, le successive investigazioni, hanno permesso d’individuare numerosi episodi di detenzione e cessione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, consentendo di censire la presenza di almeno due “piazze di spaccio” sia nella municipalità di Rosarno che nel comune di Gioia Tauro oltre che individuare alcuni “posti sicuri” a Rizziconi. In tutti i casi è stato riscontrato un voluminoso giro di affari e clienti, gestito da soggetti ritenuti comunque vicini agli ambienti della criminalità organizzata locale.

"Con la birra ma senza vino": i cripto dialoghi

I riscontri obiettivi acquisiti attraverso i servizi d’osservazione, pedinamento e controllo, nonché mediante perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza ed attività tecnica, hanno fornito la chiave di lettura per decifrare, inoltre, alcuni dialoghi “criptati”, nei quali gli stupefacenti erano spesso chiamati con nomi di fantasia usando linguaggio convenzionale (“sto arrivando con una birra ma senza vino” … “se vuoi passare una birra te la posso dare” …).

Gli stratagemmi per evitare i controlli

Più di 100 episodi documentati e 23 le persone indagate, 11 delle quali colpite da provvedimento restrittivo della libertà personale: tra queste, gli investigatori hanno ritenuto di particolare rilevanza il ruolo tenuto da tre soggetti i quali, ciascuno nel territorio di specifica competenza, utilizzavano una serie d’espedienti e stratagemmi per evitare gli eventuali controlli delle forze di polizia, ad esempio intestando le schede cellulari a soggetti stranieri o addirittura a persone inesistenti, oppure ancora utilizzando motocicli per potersi agevolmente muovere nella viabilità urbana, cercando così di eludere eventuali pedinamenti.

Le consegne a domicilio durante il Covid

Ma la particolarità dell’indagine è quella di aver registrato le “consegne a domicilio”, da qui la decisione di denominare l’operazione “smart delivery”. Si è registrato infatti che, in alcune circostanze, soprattutto nel periodo di maggiore limitazione negli spostamenti per l’imposizione delle misure imposte dalla pandemia da Covid-19, alcuni indagati erano soliti prendere l’ordine per lo stupefacente: non era quindi il cliente a recarsi dallo spacciatore, ma a concordare con questi, anche telefonicamente o via canali “social”, la consegna della sostanza, che veniva portata direttamente a casa o in altro luogo preventivamente individuato.

La coca killer

Gli indizi raccolti nei confronti degli indagati, corroborati da una consistente attività di riscontro, sono stati utili al fine di rappresentare all’Autorità Giudiziaria di Palmi un quadro schematico di chiara valutazione, da cui poter evincere le differenti personalità dei soggetti indagati e la loro tendenza alla commissione di specifici reati, reiterati nel tempo. In aggiunta, la procura di Palmi ha contestato, ad uno degli indagati, la “morte come conseguenza di altro delitto” poiché, nel 2021, un cittadino italiano era deceduto dopo aver acquistato e successivamente assunto per endovena, alcune dosi di cocaina, peraltro con un grado di purezza notevole.

Una professionalità consolidata

La particolare avvedutezza e circospezione con cui tutti gli indagati, ciascuno nell’ambito delle sue funzioni, operavano nella consumazione dei reati di spaccio al minuto, hanno denotato, secondo l’Autorità Giudiziaria, una maturazione di tecniche volte ad eludere le attività investigative, nonché una “professionalità” ormai consolidata, affinatasi a seguito dei numerosi controlli a cui, nel corso del tempo, gli indagati sono stati sottoposti.

Un arsenale dentro al secchio e la droga nel radiatore

Nel corso dell’indagine, tra l’altro, veniva rinvenuto un vero e proprio arsenale pronto all'uso all’interno di una casa apparentemente abbandonata. Nello specifico, dentro un secchio di plastica, ben occultati da diversi strati di cellophane sono stati rivenuti: una mitraglietta modello “Uzi” perfettamente oleata, in ottimo stato di utilizzo, senza matricola munita di 2 caricatori, una scatola contenente 50 proiettili calibro 9 luger e un involucro con ulteriori 20 cartucce calibro 7,65, oltre che un ordigno artigianale improvvisato, perfettamente funzionante, del peso lordo di 850 grammi, collegato ad una miccia a rapida combustione, nonché, due sacchetti di plastica contenenti più di 4 chilogrammi di polvere pirica, idonea al confezionamento di altri ordigni artigianali. In altro locale della medesima abitazione, all’interno di un radiatore vi erano nascoste due confezioni contenenti 77 grammi totali di sostanza stupefacente di tipo cocaina, materiale per il confezionamento e un bilancino di precisione. Nel corso delle perquisizioni sono stati rinvenuti 1kg di cocaina, mezzo kg di marjuana e quasi 2 mila euro suddivise in banconote di vario taglio.

 

 

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