
«Quanto accaduto ci segna, ma non ci scalfisce affatto. Abbiamo superato a suon di colori il grigio delle tonnellate di cemento che hanno circondato le nostre case per decenni, figuriamoci se ci facciamo abbattere dal grigiore della cenere di un furgone dato alle fiamme o dallo squallore di un gesto che caratterizza una mentalità gretta».
Queste, a distanza di qualche giorno dal rogo del furgone, le parole dell’associazione Borgo Croce. Una riflessione che parte dall’idea che ha scandito il progetto sin dalla sua nascita, cioè «combattere – spiegano – un grande male: l’apatia che generava la frazione in cui siamo nati e in cui viviamo, di conseguenza lo spopolamento che ne derivava. Abbiamo usato sempre e solo lo strumento dell’arte, la cultura del bello, mettendoci tanta passione e facendo enormi sacrifici di natura fisica, mentale ed economica. Semplici volontari al servizio della comunità a cui apparteniamo, che sentiamo nostra non come possesso ma piuttosto come identità».
Un’attività, quindi, volontaristica e disinteressata: «In cambio ci guadagniamo solo la felicità di vedere un paese vivo e la soddisfazione di aver realizzato tutto ciò con le nostre forze. Non abbiamo mai chiesto niente a nessuno e nessuno è mai venuto a chiederci niente. Ecco perché, oltre ad essere estremamente sereni, siamo determinati ad andare avanti con la nostra opera di riqualificazione della frazione che non può essere minimamente scalfita da un episodio, da un tentativo vigliacco di complicarci la vita o, nell’idea di chi lo ha realizzato, di impaurirci».

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