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Prese di distanza, repulisti e voto anticipato: "Libro Nero" scuote la politica calabrese

Romeo e Nicolò

È stato un terremoto a tutti gli effetti, con tanto di scosse di assestamento che rischiano di ripetersi per diverso tempo con effetti sulle elezioni regionali che si svolgeranno nei prossimi mesi in Calabria. L’inchiesta contro la cosca Libri a Reggio - che ha portato anche all’arresto dei consiglieri regionali Seby Romeo (Pd) e Alessandro Nicolò (FdI) e al coinvolgimento nell’indagine dell’ex consigliere Demetrio Naccari Carlizzi – ha totalmente sconquassato la politica calabrese.

Le reazioni politiche nell’immediato ieri hanno già provocato delle conseguenze: il senatore Ernesto Magorno si è autosospeso dal Pd “fino a quando non verrà fatta chiarezza”, il leader nazionale dei democratici, Nicola Zingaretti, ha annunciato la sospensione dei politici del suo partito coinvolti nell’inchiesta, Fratelli d’Italia annuncia di aver allontanato Nicolò dal partito a essere pronto a costituirsi parte civile in un eventuale processo.

Infine, il M5s chiede di sciogliere il Consiglio regionale e andare a elezioni immediatamente. D’altronde le accuse degli inquirenti sono molto pesanti: si parla di infiltrazioni della cosca Libri nella politica, di gestione di un bacino di voti, sostegno a politici, scambio di favori.

Tutti i parlamentari calabresi nazionali ed europei del MoVimento 5 Stelle, in un comunicato, vanno giù duro: «C'è una vera e propria emergenza in Calabria - affermano, in un comunicato congiunto - come diciamo da tempo e come dimostrato dall’operazione 'Libro Nero’: la 'ndrangheta ha pesantemente infiltrato la classe politica regionale della nostra regione. Va fatta pulizia, immediatamente. Si sciolga il Consiglio e si vada subito al voto, così da ristabilire la legalità».

«Sono coinvolti - è scritto nel comunicato - tutti i partiti: il capogruppo del Pd in regione è agli arresti domiciliari; il capogruppo del partito della Meloni, eletto in Forza Italia, è in carcere; l’ex assessore regionale del Pd, cognato del sindaco di Reggio Calabria, è accusato di concorso esterno con la 'ndrangheta. È preoccupante la facilità con cui le cosche mafiose riescono ad infiltrarsi nelle dinamiche politico-elettorali della nostra regione, in un contesto dove le idee politiche, di destra o di sinistra lasciano spazio allo scambio di voti dietro il corrispettivo di favori per il sistema 'ndranghetistico. Questa situazione non è più sostenibile - continuano i parlamentari pentastellati - viste anche le gravi accuse ancora pendenti sul capo del presidente di Regione Mario Oliverio e sul Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, autonominatosi candidato governatore alle prossime elezioni. Va fatta un’operazione di bonifica e solo il Movimento 5 Stelle lo può fare. Con l'inchiesta 'Libro nero’ la magistratura dimostra ancora l'ipocrisia e l’opportunismo del sistema partitico calabrese, mentre il governatore della Calabria resta comodamente in silenzio, non potendo nascondere i propri accordi politici con Seby Romeo e le varie postazioni di potere che con lui ha spartito. Quello che per anni è stato il segretario regionale del Pd - riporta ancora il testo - auspica solo adesso un serio intervento del Pd nazionale in Calabria. Intanto, in attesa della chiarezza che non è mai riuscito a dare da segretario regionale, si è autosospeso dal partito. Immaginiamo che, con coerenza, adesso si iscriva al gruppo misto, al Senato. Siamo stanchi di queste sceneggiate si vada subito al voto per liberare la Calabria dal malaffare: deve essere la priorità assoluta per chi vuol bene alla nostra regione».

Subito dopo la notizia dell’arresto di Nicolò è arrivato anche il comunicato di Fratelli d’Italia nel quale è stato annunciato che «Alessandro Nicolò è stato immediatamente allontanato da Fratelli d’Italia a scopo cautelativo, e che siamo pronti a costituirci parte civile in un eventuale processo a suo carico. Ci consideriamo, infatti parte lesa in questa vicenda, giacché sono note le nostre storiche battaglie contro ogni forma di criminalità organizzata. Da tempo abbiamo lanciato l’allarme sulla difficoltà che i movimenti politici hanno a difendersi efficacemente da persone che fanno politica per interessi propri o addirittura di organizzazioni criminali. Come Fratelli d’Italia - prosegue la nota di FdI - siamo sempre stati estremamente cauti prima di accogliere qualcuno che era eletto altrove, fino ad arrivare a chiedere informazioni ai giornalisti e alle procure stesse. Non è bastato. Annunciamo perciò che metteremo in campo un organismo al quale inviteremo a partecipare magistrati in pensione, esponenti delle forze dell’ordine e cittadini non iscritti al Partito a cui demandare preventivamente il giudizio sull'eventuale ingresso in Fratelli d’Italia di chi ricopre già ruoli istituzionali e sulle candidature. Noi - conclude la nota - non vogliamo delinquenti tra le nostre fila».

A commentare, sempre per il M5s, è anche la portavoce alla Camera, Federica Dieni: «Una nuova inchiesta che scoperchia un sistema clientelare marcio. Per tutti gli indagati vale la presunzione di innocenza fino alla sentenza di condanna definitiva, ma è indubbio che senza l’azione della magistratura non sarebbe mai stato possibile ricostruire i legami inconfessabili di alcuni rappresentanti delle istituzioni». Ma dal M5s arrivano accuse anche al partito di Giorgia Meloni. Dalila Nesci aveva sollecitato la cacciata dal partito di Nicolò, mentre l’eurodeputata Laura Ferrara, M5s, sottolinea come «ancora una volta vi sarebbe la possibilità che esponenti di spicco della politica calabrese abbiano ottenuto vantaggio elettorale proprio grazie alle loro relazioni con la 'ndrangheta in un rapporto di “do ut des” in cui l’elezione del politico “amico” sarebbe stata funzionale alle esigenze dei clan. Una commistione che getta nuova ombra sull'attuale Consiglio regionale colpito in questi 5 anni da diversi terremoti giudiziari. La credibilità della classe dirigente calabrese - conclude l’esponente M5s - è ancora una volta messa in discussione. Rappresentanti istituzionali che avrebbero permesso, per come si legge dalle notizie emerse in queste ore, di alterare completamente l’assetto economico di una intera città grazie alle interferenze nelle dinamiche economiche e decisionali. In attesa della conferma o meno delle gravi accuse non si può che chiedere al governatore Oliverio di non procrastinare oltre, permettere ai calabresi già a novembre di rinnovare uno dei consigli regionali più indagati che la Calabria ricordi».

Ovviamente scosso tutto il Pd per il coinvolgimento di aderenti al partito. «Esprimiamo pieno sostegno al lavoro della magistratura in Calabria e fiducia che le indagini che coinvolgono affiliati alla cosca della Ndrangheta Libri, e alcuni esponenti politici, condurranno nel pieno rispetto dei diritti degli indagati ad accertare la verità. Tra gli indagati vi sono anche esponenti del Pd, per i quali la commissione di garanzia ha già provveduto immediatamente alla sospensione dal partito in attesa dell’esito delle indagini». Ha detto Nicola Zingaretti, sottolineando come «sia necessario un radicale processo di rinnovamento della classe politica calabrese. Alla politica spettano ora - prosegue il segretario Pd in una nota - compiti importanti: in primo luogo quello di promuovere con urgenza e nettezza un radicale processo di rinnovamento della classe politica calabrese, che deve esprimere perfino simbolicamente la scelta di campo della legalità e dello sviluppo e che deve avere la lotta alla 'ndrangheta e alla corruzione come tratto identitario e distintivo. Come avevamo già detto, andremo decisamente nella direzione del ricambio profondo - conclude - nella certezza così d’incontrare la voglia di riscatto della Calabria».

«Il quadro che emerge dall’inchiesta di Reggio Calabria è preoccupante per cui esprimo piena e totale fiducia nel lavoro della magistratura con l'auspicio che si faccia chiarezza in tempi brevi», il commento del commissario del Partito democratico della Calabria Stefano Graziano. «L'inchiesta farà il suo corso - prosegue - ma il codice etico del Partito democratico prevede l’immediata sospensione degli iscritti coinvolti. Applichiamo ad horas questa misura a tutela dell’intera comunità democratica calabrese che crede nella legalità e ne fa un valore fondante. Restiamo garantisti ma è chiaro che ora il Partito democratico calabrese non può più rimandare l’avvio di un percorso di radicale rinnovamento».

E Silvia Romeo, presidente della Commissione nazionale di garanzia del Pd ha subito annunciato: «La commissione nazionale di garanzia ha disposto l’immediata sospensione di Sebastiano Romeo da tutti gli organismi di partito e dall’albo degli iscritti e degli elettori del Pd». Ma l’inchiesta fa compiere un passo importante a Ernesto Magorno, senatore Pd: «Le notizie relative all’operazione anti 'ndrangheta contro il clan Libri impongono un serio intervento del Pd nazionale in Calabria. Mi autosospendo dal partito fino a quando non si farà chiarezza».

In serata è poi intervenuto anche il presidente della Regione, Mario Oliverio: "Le informazioni fornite dalla stampa sui provvedimenti promossi dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria fanno emergere inquietanti rapporti tra la mafia, settori della pubblica amministrazione e della politica. Dinanzi a tali episodi si conferma la necessità di proseguire in una lotta intransigente contro la mafia. Mai come in questo momento non bisogna abbassare la guardia. La nostra azione, nel corso di questi anni, è stata ispirata ed improntata a questo principio cardine: lotta alla mafia ed alla corruzione come condizione per liberare la Calabria da un'atavica crisi sociale e illegalità diffusa. Nella stessa inchiesta c'è uno specifico provvedimento che riguarda il copogruppo al Consiglio Regionale Sebi Romeo per un'ipotesi di reato che, per come precisato dallo stesso Procuratore della Repubblica, dott. Giovanni Bombardieri, non ha nulla a che vedere con reati di mafia. Mi auguro l'indagine possa definirsi in tempi rapidi. Confido che sin dalle immediate successive fasi di indagine Sebi Romeo chiarisca la propria posizione in relazione alle accuse contestate".

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